Nella settimana di Monterey, le aste non sono solo compravendita: sono teatro, celebrazione e sfida. E quest’anno, sul palcoscenico di RM Sotheby’s, la Ferrari F40 ha recitato due ruoli opposti ma ugualmente magnetici. Da un lato, una F40 del 1990, conservata come una reliquia, con appena 360 chilometri percorsi e un unico proprietario. Dall’altro, la sua sorella estrema, una F40 LM by Michelotto del 1993, un’arma da pista forgiata per correre, una delle appena diciannove costruite.
Il verdetto della sala non ha lasciato dubbi: la LM ha raggiunto 11 milioni di dollari, quasi tre volte il risultato della versione stradale, aggiudicata a 3,85 milioni. Una distanza che racconta molto più di una semplice differenza di prezzo.
L’anima corsaiola di Michelotto
La F40 LM nasce per superare i limiti. Michelotto, il laboratorio padovano che ha trasformato molte Ferrari da corsa, prese la già estrema F40 e la spinse oltre: motore portato a circa 760 cavalli, assetto irrigidito, aerodinamica affilata. Ogni dettaglio fu pensato per l’endurance e le competizioni GT, rendendo la LM una macchina ben distinta dalla sorella stradale. Non un’evoluzione, ma un’altra specie.
L’esemplare battuto a Monterey era accompagnato da una storia impeccabile: certificazione Ferrari Classiche, documentazione originale, riconoscimenti recenti come la vittoria di classe a ModaMiami 2025. Tutti elementi che, per un collezionista, significano garanzia, prestigio e desiderabilità.
L’icona intatta della strada
La F40 del 1990 non era meno affascinante, ma giocava una partita diversa. Con la sua rarissima specifica “non-cat, non-adjust”, rappresentava la purezza dell’F40 come uscita da Maranello, esente dalle omologazioni che ne avrebbero alterato il carattere. Il suo chilometraggio ridicolo — appena 360 km in 35 anni — la rendeva una sorta di macchina del tempo, capace di raccontare cosa significava possedere una F40 nuova nel 1990.
Per molti, questa è l’essenza stessa del collezionismo: preservare, custodire, tramandare. Eppure, a Monterey, la rarità della strada non ha potuto competere con il mito della pista.
Perché la LM vale di più
La differenza non è solo tecnica, ma culturale. L’F40 stradale è un’icona conosciuta, celebrata, diffusa tra gli appassionati. La LM, invece, appartiene a un club esclusivo: pochi esemplari, una storia di corse, una potenza che ancora oggi impressiona. È un pezzo di motorsport più che di automobilismo stradale. Ed è proprio questa rarità, unita al pedigree, a giustificare la cifra record.
Due facce dello stesso mito
In fondo, la magia di Monterey è tutta qui: assistere al dialogo tra due auto nate dalla stessa idea di Enzo Ferrari, ma cresciute in direzioni opposte. Una destinata a pochi fortunati clienti di strada, l’altra a quei piloti e collezionisti che cercavano l’assoluto in pista.
Quest’anno, il mercato ha scelto la voce più estrema. Ma sia la F40 LM che la F40 stradale hanno ricordato al pubblico che l’essenza Ferrari è fatta di passione, innovazione e coraggio. Due sfumature dello stesso mito, che continuano a emozionare e a scrivere la storia delle aste internazionali.
Le aggiudicazioni di Monterey confermano come, nel collezionismo Ferrari, la differenza tra un esemplare stradale e una versione da competizione possa valere milioni. Per chi possiede o desidera acquisire vetture uniche, il supporto di un partner esperto è fondamentale.
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